domenica 17 maggio 2009

Le Tigri Tamil si arrendono: "Smettiamola di combattere"

E' finita. Finita nel sangue. Le Tigri Tamil dello Sri Lanka si sono arres. Lo annuncia Selvarasa Pathmanathan, il capo del servizio diplomatico internazionale dell'esercito di Liberazione delle Tigri Tamil, in un comunicato diffuso dal sito Tamilnet. Pathmanathan, considerato un moderato all'interno del movimento Tamil, ha denunciato un atteggiamento debole del mondo nei confronti dei civili: "Nonostante la nostra richiesta al mondo di salvare migliaia di persone dalla morte il silenzio della comunità internazionale ha solo incoraggiato l'esercito dello Sri Lanka a continuare la guerra fino alla sua amara fine". "Nelle ultime 24 ore, più di 3.000 cadaveri di civili sono stati contati sulle strade, mentre oltre 25.000 risultano feriti gravemente senza aiuti medici. Consci di questo - scrive Pathmanathan - abbiamo già annunciato al mondo la nostra posizione di mettere a tacere le nostre armi per salvare il nostro popolo". Fra venerdì e stamane sono quasi 50.000 i civili che, considerati "ostaggi della guerriglia Tamil", hanno potuto lasciare la "zona di sicurezza" nello Sri Lanka nord-orientale. Circa 38 mila civili che erano intrappolati nella "no fire zone" hanno raggiunto la salvezza nelle ultime 24 ore utilizzando i varchi aperti dall'esercito attraverso la laguna Nanthi Kadal. Un portavoce dell'esercito dello Sri Lanka ha anche ricordato che circa 12 mila civili venerdì hanno cercato la protezione del governo, a seguito dell'occupazione da parte della 58/a e 59/a Divisione dell'esercito di tutta la fascia costiera della "zona di sicurezza".
Le stesse fonti militari hanno poi precisato che i 70 guerriglieri Tamil uccisi la notte scorsa stavano cercando di attaccare a bordo di motoscafi, attraverso la laguna, posizioni della 59/a Divisione e non sarebbero stati colpiti quindi mentre erano in fuga. Stamattina è ritornato in Sri Lanka anche il presidente Mahinda Rajapaksa, che terrà un discorso alla nazione in cui dovrebbe annunciare la morte o la cattura dei leader Tamil e la fine della guerra ultra trentennale. Secondo informazioni non confermate, ieri sarebbe stato catturata la "primula rossa" e fondatore dell'Ltte. Secondo altre fonti, invece, Velupillai Prabhakaran sarebbe morto nei combattimenti. Altre ancora, infine, dicono che è vivo e che starebbe per riorganizzare il fronte ribelle.
www,repubblica.it

sabato 9 maggio 2009

9 Maggio 1978

9 Maggio 1978: Peppino Impastato viene assassinato.


Viene assassinato il 9 maggio 1978, qualche giorno prima delle elezioni, e dopo una mostra fotografica sulla devastazione del territorio operata da speculatori e gruppi mafiosi
Nel 1975 Giuseppe Impastato organizza il Circolo "Musica e Cultura", un'associazione che promuove attività culturali e musicali e che diventa il principale punto di riferimento por i giovani di Cinisi, in Sicilia, vicino a Palermo. All'interno del Circolo trovano particolare spazio ìl "Collettivo Femminista" e il "Collettivo Antinucleare" Il tentativo di superare la crisi complessiva dei gruppi che si ispiravano alle idee della sinistra "rivoluzionaria", verificatasi intorno al 1977 porta Giuseppe Impastato e il suo gruppo alla realizzazione di Radio Aut, un'emittente autofinanziata che indirizza i suoi sforzi e la sua scelta nel campo della controinformazione e soprattutto in quello della satira nei confronti della mafia e degli esponenti della politica locale. Nel 1978 partecipa con una lista che ha il simbolo di Democrazia Proletaria, alle elezioni comunali a Cinisi. Viene assassinato il 9 maggio 1978, qualche giorno prima delle elezioni e qualche giorno dopo l'esposizione di una documentata mostra fotografica sulla devastazione del territorio operata da speculatori e gruppi mafiosi: il suo corpo è dilaniato da una carica di tritolo posta sui binari della linea ferrata Palermo-Trapani. Le indagini sono, in un primo tempo orientate sull'ipotesi di un attentato terroristico consumato dallo stesso Impastato, o, in subordine, di un suicidio "eclatante". Il caso giudiziario è stato chiuso e riaperto per ben tre volte, sino ad arrivare all'attuale processo, ancora in corso, nei confronti del boss di Cinisi Gaetano Badalamenti e del suo complice Vito Palazzolo, accusati di essere i mandanti del delitto.
http://beta.vita.it/news/view/45241

9 Maggio 1978: viene ritrovato il corpo senza vita di Aldo Moro
Per 55 lunghi e terribili giorni ,il paese,le istituzioni e la famiglia dell'Onorevole Moro vivono un dramma collettivo,in un alternarsi continuo di false speranze e disillusioni. Ma l'esito finale del sequestro in qualche modo è già scritto sin dall'agguato di via Fani. La logica delle Brigate rosse è quella dello scontro totale: i cinque morti che i terroristi hanno prodotto non possono non pesare su qualsiasi trattativa con lo stato. E lo stato , la sua classe politica, reagiscono con fermezza o almeno con quello che sembra immediatamente un muro contro muro . Con i brigatisti non si tratta. Nel frattempo le confederazioni sindacali proclamano uno sciopero generale, mentre sono innumerevoli le prese di posizione contro la strage e i suoi autori. Il paese si mobilita, la classe politica fa quadrato. Le ricerche appaiono immediatamente difficili: il commando che ha sequestrato Moro ha pianificato l'operazione in maniera esemplare, o almeno è quello che all'epoca si crede. Subito dopo l'agguato, le tre auto ( la 128 blù,quella bianca e la 130 )hanno raggiunto via Casale De Bustis, subito dopo via Massimi. Di qua in poi la ricostruzione è affidata unicamente ai brigatisti che saranno catturati in seguito: Morucci dichiara che in piazza madonna del Cenacolo ad attendere l'ostaggio c'era una Dyane (Germano Maccari dirà una Amy 8 ) e un furgone, nel quale Moro viene trasferito,per poi essere successivamente rinchiuso in una cassa. Di qua raggiungerà la sua prigione, in via Montalcini 8,interno 1. Ad attenderlo c'è Anna Laura Braghetti, che sarà la sua carceriera fino al giorno dell'esecuzione. L'appartamento l'aveva acquistato quest'ultima, intestandoselo.Per 48 ore le Br non danno notizie: l'attesa è spasmodica. Poi, il 18 marzo, ad un giornalista del Messaggero, Maurizio Salticchioli, arriva una telefonata anonima. Una voce maschile avvisa l'uomo che in largo Argentina, presso il sottopassaggio, c'è una busta rossa. Il giornalista si reca nel posto indicato, senza avvertire la polizia, e sopra una fotocopiatrice trova la busta indicata. All'interno c'è una foto Polaroid di Moro, con 5 copie del "Comunicato n.1". La foto ritrae Moro in camicia, con alle spalle il drappo con la stella a cinque punte e la scritta Brigate rosse.E' vivo. Non ci sono dubbi. Un volto che appare sereno, nonostante la terribile esperienza. Un sorriso enigmatico, forse ironico sul viso. Ma anche tristezza.Nel frattempo vengono ritrovate in via Licinio Calvo le auto usate per il rapimento e l'agguato. Alla guida di una delle auto c'era Franco Bonisoli, che ricorda (interrogato da Zavoli durante la trasmissione La notte della repubblica):"Subito dopo, il gruppo di fuoco si sciolse; ciascuno prese una strada diversa. Quando e come lasciò la capitale? ""Portai la 128 in via Licinio Calvo dove si era stabilito di abbandonarla. Scesi una scalinata. .. questa via finisce in una lunga scalinata. Presi un autobus che mi portava alla stazione Termini e da lì il treno per Milano. "Ebbe la sensazione, attraversando la città, che la notizia fosse già corsa? Che la gente sapesse? "Si perché, non mi ricordo adesso in quale zona, le automobili della polizia passavano a sirene spiegate... poteva essere anche per altre cose, ma noi presupponevamo che si recassero in via Fani. Mentre la polizia rinviene le auto, sono in corso i funerali degli agenti trucidati, in un'atmosfera di grande commozione. Contemporaneamente Moro è vigilato dai suoi carcerieri: la Braghetti, Mario Moretti ( che conduce gli interrogatori ),Prospero Gallinari e Germano Maccari.Dalle dichiarazioni della Braghetti oggi sappiamo che Moro visse la sua prigionia con dignità, scrivendo moltissimo, e assoggettandosi alle rigide regole dei suoi carcerieri. Rispondeva agli interrogatori con tranquillità, dedicando il suo tempo restante alla stesura di lettere per l'esterno o alla compilazione del suo memoriale, che verrà rinvenuto in forma incompleta nel corso di una perquisizione a Milano, in via Montenevoso, dagli uomini del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa.Il governo vara nuove leggi: la più importante avrà un effetto decisivo nella lotta contro il terrorismo. E' la legge che obbliga i proprietari di appartamenti ed immobili di comunicare alla Pubblica sicurezza, entro 48 ore, i nominativi degli affittuari e degli acquirenti.Il 29 marzo arrivano 2 lettere di Moro: sono indirizzate alla moglie Eleonora e al ministro degli interni, Francesco Cossiga. In queste lettere Moro ipotizza , per la prima volta, uno scambio di prigionieri per la sua liberazione. Tra i politici ci si interroga sullo stato mentale del prigioniero. Sono in molti a credere che lo statista, sottoposto a dura coercizione, abbia poca lucidità o che, anzi, sia ormai in totale balia dei suoi carcerieri, tanto da essere diventato una sorta di manichino senza volontà propria. E' chiaramente un errore: perché Moro è lucido, lucidissimo. E inizia ad incalzare sempre più, con la sua logica stringente, avvisando che la sua morte non può portare nessun vantaggio per il paese. Continua anche lo stillicidio delle dichiarazioni dei brigatisti, affidati a comunicati in cui si analizza, con la consueta verbosità, la situazione del paese, in una logica estremamente settaria e poco rispondente alla realtà. L'attesa si fa sempre più angosciosa.Il 18 aprile c'è un colpo di scena. In via Gradoli la signora Damiano chiama i Vigili del fuoco. Nel suo appartamento c'è un'infiltrazione d'acqua causata dall'appartamento superiore. I Vigili arrivano e si accorgono immediatamente che c'è qualcosa di strano. Un rapido sopraluogo e il capo dei pompieri decide che è il caso di chiamare la polizia. Perché l'appartamento è una base delle BR. E qua accade l'incredibile. La polizia arriva, ma non in segreto. Arriva con le sirene spiegate, e poco dopo in via Gradoli c'è tanta gente quanta potrebbe essercene in una sagra paesana. E così si perde l'occasione di mettere sotto sorveglianza il covo. All'interno del quale vengono rinvenute armi,esplosivi,carte d'identità false,divise dell'aeronautica,ricetrasmittenti e la targa della 128 che tamponò l'auto di Moro. A causare l'infiltrazione è una scopa "appoggiata imprudentemente"nella vasca da bagno, con il sifone dell'acqua orientato su di essa. Distrazione? O più semplicemente qualcuno ha voluto far cadere la base BR? Chi?La risposta ancora oggi è vaga: di sicuro la versione di Moretti, ovvero una distrazione della Balzerani, non regge. Viceversa l'ipotesi che giovi a qualcuno è più plausibile. E quel qualcuno non può essere altri che un'emanazione della regia occulta che sin dall'organizzazione del sequestro rimase prudentemente nell'ombra. E' un dato di fatto storicamente accertato l'influsso sulle indagini di funzionari dei servizi segreti affiliati alla loggia segreta massonica Propaganda 2, o P2, come sarà definita in seguito, e i cui elenchi si riveleranno una miniera di informazioni, causando un terremoto politico senza precedenti. Un altro episodio degno di menzione vede la partecipazione di Romano Prodi. Il futuro presidente della UE partecipa ad una seduta spiritica, nel corso della quale gli "spiriti" di La Pira e De Gasperi rivelano ai presenti, con il classico sistema del piattino, che Moro potrebbe essere prigioniero a Gradoli. Della cosa vengono informati gli inquirenti, che puntano le loro indagini sul paesino di Gradoli, dimenticando la cosa più ovvia: cercare su uno stradario via Gradoli, a Roma, e non nel paesino della provincia.A parte la tavoletta degli spiriti ( fù probabilmente un elemento dell'autonomia a passare l'informazione ad un presente, e per non smascherarlo si utilizzò l'espediente della seduta spiritica), le indagini non approdano a nulla. Il 18 aprile è anche una data cruciale per un altro grave motivo: un comunicato delle BR ( il n.7) annuncia la morte di Moro,avvenuta mediante suicidio, e indica nel lago della Duchessa il luogo dove cercare il corpo. Scattano le ricerche. E' una beffa organizzata ai danni sia della polizia che delle BR.L'autore è uno strano personaggio, uno della banda della Magliana, Tony Chichiarelli, che finirà ammazzato misteriosamente qualche anno dopo. Un'altra storia dai contorni oscuri e sfuggenti. Nel frattempo si moltiplicano gli incontri, gli appelli per trovare una soluzione: Paolo VI, Kurt Waldheim, segretario dell'Onu, Arafat, cercano di fare qualcosa. Ma non accade nulla, e Moro continua la sua battaglia disperata dall'interno della "prigione del popolo". Scrive lettere a tutti, da Zaccagnini ad Andreotti, al presidente Leone a Cossiga; ma anche alla moglie, la sua dolcissima "Noretta",rimanendo tragicamente inascoltato.Si arriva così al 30 aprile, quando, verso le 16,30, arriva una telefonata a casa Moro:"Senta, io sono uno di quelli che ha qualcosa a che fare con suo padre. Devo farle un'ultima comunicazione. Noi facciamo questa telefonata per puro scrupolo, perché suo padre insiste nel dire che siete stati un po' ingannati e probabilmente state ragionando su un equivoco. Finora avete fatto tutte cose che non servono assolutamente a niente. Noi crediamo invece che ormai i giochi siano fatti e abbiamo già preso una decisione. Nelle prossime ore non potremo far altro che eseguire ciò che abbiamo detto nel comunicato n. 8. Quindi crediamo solo questo, che sia possibile un intervento di Zaccagnini, immediato, e chiarificatore in questo senso; se ciò non avviene, rendetevi conto che noi non potremo far altro che questo. Mi capisce? Mi ha capito esattamente? " "Sì, l'ho capita benissimo. "Ecco, e quindi è possibile solo questo; lo abbiamo fatto semplice- mente per scrupolo, nel senso che, sa, una condanna a morte non è una cosa che si possa prendere così alla leggera neanche da parte nostra. Noi siamo disposti a sopportare le responsabilità che ci competono e vorremo appunto... siccome la gente crede che non siete intervenuti direttamente perché mal consigliati... " "Ma noi abbiamo fatto quello che abbiamo potuto fare, che ci lasciano fare, perché ci tengono proprio prigionieri..." "No, il problema è politico, quindi a questo punto deve intervenire la Democrazia cristiana. Abbiamo insistito moltissimo su questo, perché è l'unica maniera per arrivare eventualmente a una trattativa. Se questo non avviene, mi ascolti... guardi, non posso discutere, non sono autorizzato a farlo, devo semplicemente farle questa comunicazione. Solo un intervento diretto, immediato e chiarificatore, preciso, di Zaccagnini, può modificare la situazione; noi abbiamo già preso la decisione, nelle prossime ore accadrà l'inevitabile, non possiamo fare altrimenti. Non ho nient'altro da dirle." A parlare è Mario Moretti. La situazione appare ormai disperata.Moro scrive ancora. La sua lettera alla DC è piena di angosciata consapevolezza. Con essa chiama in causa come correi l'intero gruppo dirigente, senza esclusione. Scrive anche una lettera triste, drammatica, alla compagna di una vita, Eleonora. Un testamento spirituale. Il dramma volge all'epilogo. Nella prigione del popolo Moro viene sbarbato, vestito. Gli dicono che stà per essere liberato. Lo portano giù nel garage. Lo fanno accomodare nel bagagliaio. Moretti lo copre, poi punta la mitraglietta Skorpion e spara. Da distanza ravvicinata. Il mitra si inceppa, e lui usa la pistola. Il corpo esanime giace nella Renault 4 rossa. Il dramma si è compiuto. Per depistare le indagini, i BR mettono della sabbia nel risvolto dei pantaloni, coprono con un telo il corpo e trasportano l'auto e il suo macabro carico in via Caetani, dove verrà rinvenuto in seguito alla telefonata che Morucci fa a casa del professor Tritto, amico di Moro."E il professor Franco Tritto?"Chi parla?" Il dottor Nicolai."Chi, Nicolai?" È lei il professor Franco Tritto?" "Sì, ma io voglio sapere chi parla. " Brigate rosse. Ha capito?" Sì." Adempiamo alle ultime volontà del presidente comunicando alla famiglia dove potrà trovare il corpo dell' onorevole. Aldo Moro. Mi sente?" Che devo fare? Se può ripetere..." Non posso ripetere, guardi. Allora, lei deve comunicare alla famiglia che troveranno il corpo dell'onorevole. Aldo Moro in via Caetani. Via Caetani. Lì c'è una Renault 4 rossa. I primi numeri dì targa sono N5."

mercoledì 6 maggio 2009

Domani 21 04 09

Esattamente un mese fa la terra tremava in Abruzzo...da oggi tutte le radio italiane programmeranno "Domani 21-04-09"...
Jovanotti ha radutano 56 musicisti italiani, per incidere un brano il cui ricavato verra’ devoluto per ricostruire il Conservatorio “Alfredo Casella” e il teatro Stabile de l’Aquila. I cantanti si sono riuniti il 21 aprile 2009. Da qui il titolo della canzone, “Domani 21/04/09″, andata in onda in radio per la prima volta questa mattina alle 3.30, ad un mese esatto dal sisma che ha scosso l’Abruzzo.

Jovanotti, Mauro Pagani, Giuliano dei Negramaro, Gianna Nannini, Ligabue, Tiziano Ferro, Zucchero, Fabri Fibra, Giorgia, Pelu’, Caparezza e tanti altri ancora hanno risposto a questo appello, lanciato da Lorenzo Cherubini, Giuliani e Pagani e patrocinato dallo Sugar di Caterina Caselli: la loro musica servira’ per ricostruire cio’ che e’ andato perduto con il terremoto del 6 aprile 2009.

“Sarebbe bello se riuscissimo a vendere 1 milione di cd e altrettanti file“, queste le parole di Jovanotti, mentre Giuliano dei Negramaro aggiunge che l’aiuto per la ricostruzione “durerà negli anni grazie ai diritti d’autore. In questa chiave il disco aiuterà molto più di un concerto“.

La canzone sara’ in vendita dall’8 maggio in tutti gli store digitali, mentre dal 15 maggio nei negozi.

sabato 2 maggio 2009